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Incontro lesbo a Napoli

Avevo appena rotto con Zoe, la mia prima ragazza e il ricordo del suo sorriso mi tornava in mente come le onde della risacca. Il profumo della sua pelle, liscia come un tavolo da biliardo e gli occhi, due chicchi di caffè così profondi che mi ci perdevo sempre e non potevo farne a meno, come un tossico della droga. Non riuscivo a dimenticarla. Non riuscivo a togliermi dalla mente i pomeriggi passati in stanza, da sole, con le tende socchiuse e noi immerse nella penombra. Lingue che si incrociavano avide e sapore di fumo e alcool e mani dappertutto. Esploravo il suo corpo che sapeva di sale e cioccolato bianco e di pane appena sfornato e faceva caldo. Mi piaceva quando godeva e la sentivo vibrare con la mia lingua fra le gambe e affondava le unghie nella mia carne e il suo respiro diventava affanno.

Il Ghetto a quell’ora era pieno di gente. Luci soffuse colorate di arancio, musica alta e cameriere sgarbate che ti guardavano come se avessi una strana malattia. Forse erano solo scazzate, forse ero io che mi sentivo a disagio, forse non volevo mettermi in gioco e basta. Forse ci stavo solo pensando troppo. Sarà stato per la maglietta attillata o per la gonna molto sopra il ginocchio. Oppure era solo la mia paranoia che faceva sembrare il mio culo più grosso di un mappamondo. Fatto sta che mi sentivo a disagio anche perché c’era una tipa che non mi toglieva gli occhi da dosso. Era davvero una bella ragazza. Capelli corti e occhi verdi, due caramelle alla menta che mi fissavano come se fossi una cosa preziosa. Mi sorrideva dietro un boccale di birra e mi piaceva un sacco ‘sta cosa. Mi piacevano le sue labbra, grandi, carnose, rosse come petali di rose di maggio. Immaginavo come sarebbe stato bello mordicchiarle e succhiarle come un gelato alla frutta dissetante.

Attaccare bottone è stato un attimo.

“Piacere, mi chiamo Anna” mi disse con la voce tremolante. E occhi negli occhi, mano stretta nella sua e un timido bacio sulla guancia. Il suo profumo sapeva di buono e mi piaceva stringere il suo piccolo corpo in un abbraccio fino a sentire il battito del suo cuore. La stavo desiderando.

Cominciammo a parlare e ricordo di aver riso un sacco. Poi finalmente ballammo. La musica nelle orecchie, i suoi seni sui miei e le mani suoi fianchi e quel bacio sembrò la cosa più normale del mondo.

Ci ritrovammo a passeggiare sulla spiaggia. Napoli sullo sfondo, il mare, il castello illuminato come se fosse giorno. Il vento le accarezzava la faccia e il suo profumo si mescolava a quello della salsedine e più la fissavo più avevo voglia di farlo. La baciai di nuovo, con la passione che bruciava in petto e la mente offuscata dai fumi dell’alcool. Le sue mani cominciarono a scivolare fra la mie gambe, lentamente, come famelici serpenti. Mi ritrovai le sue dita che regalavano piacere alla mia vagina bagnata e la sua voce nelle orecchie che sussurrava parole dolci e sospiri e prologhi di orgasmo. Raggiunsi il mio e fu un attimo ma non ero sazia. Dovevo avere quel corpo, dovevo avere quelle labbra, dovevo scoprire che sapore avesse fra le gambe. Quando arrivammo nel mio appartamento non avemmo nemmeno il tempo di spogliarci. Finimmo per rotolarci sul pavimento e fu la notte più lunga che io ricordi. Una notte a base di birra e orgasmi.

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